Cari Lettori,
ritorna l'appuntamento con le recensioni cumulate del mese :)Purtroppo il troppo poco tempo da dedicare al blog in questo periodo - ho iniziato a lavorare, finalmente- mi porta a dovermi arrangiarmi come meglio posso, perciò per tutti quei romanzi di cui ho poco da dire (per un motivo o per un altro, non necessariamente perché non mi sono piaciuti!) riassumo i miei pensieri in questo modo, che spero possa tornarvi utile almeno per farvi una vaga idea del romanzo. Pronti? :)
Il primo libro di cui vi parlo è una rilettura. Ebbene sì, l'avevo anticipato nei miei buoni propositi libreschi del nuovo anno e ora eccomi qui a parlarvi della prima rilettura dell'anno: Proibito, di Tabitha Suzuma. Un libro che ha conquistato praticamente tutti quelli che conosco, che ha raccolto plausi e consensi a destra e manca, dall'America fino all'Italia, accendendo forse anche qualche discussione.
Proibito, per chi ancora non lo conoscesse, è la storia di un amore proibito, la storia di un incesto tra fratello e sorella.
Personalmente ho acquistato e letto l'unico (per ora) romanzo della Suzuma tradotto da noi non appena arrivò in Italia; stiamo parlando quindi di una lettura che ho affrontato almeno tre anni fa circa e che ho voluto rileggere principalmente per due motivi. Innanzitutto volevo vedere se effettivamente il mio precedente giudizio fosse autentico o se, al contrario, fosse stato influenzato dall'aura di entusiasmo e lodi sperticate che all'epoca circondava il romanzo. E poi perché, onestamente, ricordavo solo qualche scena della storia.
A distanza di anni posso dire di aver trovato Proibito un libro particolare, estremamente difficile da commentare e da inserire in una qualsiasi classifica o catalogazione. E' un romanzo che ha una grazie particolare, forse anche a causa dello stile dell'autrice, che punta moltissimo sui sentimenti del lettore e sull'introspezione psicologica dei personaggi che sono il fulcro di tutta la storia. Proprio per questo motivo perciò mi sento di inserire il libro della Suzuma nella lista dei miei preferiti, fra quei romanzi che ogni volta che rileggi sai che inevitabilmente ti soffermerai a pensare riflettere.
Per quanto mi riguarda, quindi, Proibito rimane promosso a pieni voti, esattamente come lo era stato all'epoca della prima lettura. Cinque stelle piene e meritatissime. Anche se c'è un "però" e il "però" in questione risponde al nome di Lochan.
Lochan, infatti, è stato per me un mistero durante questa rilettura, cosa invece che non mi era accaduta la prima volta. Se in alcuni passaggi ha avuto la mia piena comprensione nonché la mia più completa ammirazione, se in certi momenti mi ha addirittura mosso dei sentimenti potentissimi (la scena del pugno tirato alla parete è ancora impressa a fuoco nella mia memoria, così come quella del braccialetto), in altri è stato per me un dilemma insondabile e incomprensibile. La sua fragilità mi ha alternativamente commosso e fatto arrabbiare. Infine, la sua scelta finale mi ha scosso in profondità lasciandomi perplessa e dubbiosa se effettivamente sia stata la mossa migliore da compiere; il dubbio - che una soluzione si sarebbe trovata lo stesso - continua a macinarmi nella testa e penso che lo farò per il resto dei miei giorni! :)
Onestamente credo che questa alternanza di sentimenti sia quello che fa del libro il romanzo che è, credo che sia propria questa peculiarità nell'animare i sentimenti del lettore la particolarità e insieme la forza di Proibito: quello che su altri testi potrebbe essere percepito come un fattore magari negativo, qui assume una connotazione tutta particolare e assolutamente di spicco.
In conclusione, quindi, Proibito è stata quindi una lettura totalizzante e davvero bella che consiglio assolutamente di fare, prima o poi!
Coinvolgimento: 5/5
Stile: 5/5
Personaggi: 5/5
Vicenda: 5/5
Giudizio: 5/5
Sempre restando in tema di libri da leggere prima o poi nella vita non posso esimermi dal parlarvi di American Psycho; primo libro di Bret Easton Ellis che leggo e penso anche l'ultimo, almeno per un po' di tempo (finché non mi sarò emotivamente ripresa!). Descrivervi, parlarvi anche solo in qualche modo, di American Psycho è un'impresa al di là delle mie possibilità, ve lo dico già da ora. Onestamente è la prima volta che mi capita, ma riguardo a questo romanzo non so davvero da dove incominciare. Mi è piaciuto? Non lo so. Non mi è piaciuto? Non so nemmeno questo. A volerla dire tutta non so nemmeno se sia possibile e corretto dire che un libro del genere piaccia, ma sorvoliamo. La verità è che American Psycho è un libro unico e particolarissimo che bisogna aver tassativamente letto per poter almeno accennare qualche cosa a riguardo e, forse come accade a me in questo momento, nemmeno così si trovano le parole giuste. Vi parlerò perciò unicamente delle sensazioni che ho provato durante la lettura (molte e particolarmente intense in alcuni punti) e delle mie riflessioni in generale. Per quanto riguarda i personaggi, Pat Bateman, il protagonista, è uno dei personaggi più incredibili di cui io abbia mai letto e di gran lunga anche il più terrificante. Spero vivamente che Ellis non si sia neanche lontanamente ispirato a qualcuno di realmente esistente e che sia tutto un parto della sua mente perché, detto tra noi, la cosa mi terrorizza abbastanza! Tutto di lui è incredibile, sopratutto la sua tridimensionalità che uno dei punti di forza del libro. Attraverso le sue azioni, le descrizioni delle sue giornate tutte uguali, del vuoto che le caratterizza, dell'assenza di sentimento e di coinvolgimento in tutto quello che fa, veniamo a conoscenza del suo mondo, scandito sempre dagli stessi gesti, dagli stessi programmi tv, dalle stesse videocassette noleggiate, dalle stesse abitudini dove solo l'apparenza e la futilità contano. E tutto questo è reso benissimo dallo stile il quale, sebbene risulti senza ombra di dubbio anche pesante ed eccessivamente dispersivo, serve benissimo il suo scopo utilizzando una sintassi particolare ma funzionale con frasi senza senso, periodi lasciati a metà e assenza di punteggiatura in alcuni casi. Il libro si svincola tra descrizioni su descrizioni di vestiti, meticolosamente riportate per ogni personaggio; interi capitoli dedicati ai gusti musicali di Pat; elenchi di ristoranti lussuosi, menù, accessori e negozi di alta moda; digressioni su quale sia il nodo più corretto per un determinato tipo di cravatta o su quanto risulti fashion portare le bretelle o meno, solo per citare qualche piccolo esempio. Senza contare le descrizioni delle notti di Patrick trascorse tra sesso estremo, masochismo, omicidio indiscriminato e follia pura che, in un crescendo sempre più senza speranza di ripresa, trascina il lettore in un vortice al limite dell'assurdo e della ragione stessa. E, a ben pensarci, questa è forse la cosa più sconvolgente di American Psycho: alla fine di tutto non c'è redenzione né cambiamento per Pat: la sua natura cattiva e perversa rimane, impunita e immutata. Non ci sono scuse, non c'è pentimento ma anzi, sul finale, in un (raro) momento di lucidità è lui stesso a rivelare la sua giustificazione per tutto:
"[...] c'è quest'idea di Patrick Bateman, una specie di astrazione, che tuttavia non ha nulla a che vedere con chi sono veramente, è solo un'entità, un qualcosa di illusorio, e anche se riesco a nascondere il mio sguardo freddo e potete stringermi la mano e sentire la mia carne che stringe la vostra e magari potete anche immaginare che il nostro stile di vita sia simile: io semplicemente sono altro. E' dura per me avere un senso, a qualsiasi livello. Io sono un prodotto, un'aberrazione. Sono un essere umano non accidentale. La mia personalità è abbozzata, informe, la mia crudeltà è radicata e persistente. La mia coscienza, la mia pietà, le mie speranze sono scomparse tanto tempo fa (probabilmente ad Harvard) ammesso che siano mai esistite. Non ci sono più barriere da superare. Non me ne importa nulla di tutto quello che ho in comune con i pazzi e i deliranti, con i perversi e i malvagi, sono oltre tutto il dolore che ho causato e anche oltre la totale indifferenza che ho provato. Ciò nonostante, mi tengo ancora saldo a un'unica, squallida verità: non si salva nessuno, non c'è redenzione per nessuno. Dunque non mi si può biasimare. Ogni modello di comportamento umano deve avere una sua validità. [...] In realtà desidero affliggere agli altri il mio dolore. Non voglio che nessuno mi sfugga. Ma anche dopo aver commesso tutto questo - e l'ho fatto innumerevoli volte, praticamente in ogni mia azione - e dopo essermi ritrovato faccia a faccia con queste verità, non c'è catarsi. Non ho acquisito alcuna conoscenza più approfondita di me stesso[...] Non c'è alcun motivo per cui vi raccontassi tutto questo. Questa mia confessione non significa niente..."
Questa è la scioccante verità, il nocciolo del romanzo, almeno secondo me. Tutto sommato quindi, capirete anche voi, come sia estremamente complicato dare un giudizio su questo romanzo. Lo consiglierei? Sì, decisamente sì, ma non prima di essermi raccomandata di essere pronti psicologicamente alla lettura. Mi è piaciuto? Sì, mi è piaciuto nonostante non possa dire di averlo trovato anche estremamente dispersivo, violento e scioccante.
E questo è quanto: American Psycho non è un libro semplice da leggere e da capire. Non è un libro per tutti. E' un viaggio sul filo della follia che farete con gli occhi e le parole di Pat, dove la realtà e l'immaginazione si mescolano in maniera tanto inestricabile da risultare un tutt'uno senza possibilità alcuna di discernimento, ma che concorre a creare qualcosa di totalmente unico.
Coinvolgimento: 3/5
Stile: 3/5
Personaggi: 5/5
Vicenda: 4/5
Giudizio: 3.75/5